Storia del Partito Democratico (Stati Uniti d'America)

Il Partito Democratico è uno dei due principali partiti del sistema politico degli Stati Uniti e il più antico partito politico esistente in quel paese, fondato negli anni Trenta e Quaranta dell'Ottocento.[1][2][3] Ad oggi è anche il più longevo partito politico votato nel mondo. Durante i suoi quasi due secoli di vita, il partito è cambiato in modo significativo.

Conosciuto come il partito dell'"uomo comune", il primo Partito Democratico sosteneva i diritti individuali e la sovranità statale (inteso come Stato singolo in contrapposizione al Governo Federale) opponendosi altresì alle banche e al sistema tariffario elevato. Nei primi decenni della sua esistenza, dal 1832 alla metà degli anni 1850 (nel periodo noto come Second Party System), sotto i presidenti Andrew Jackson, Martin Van Buren e James K. Polk, i Democratici di solito si battevano con il partito Whig ed i risultati elettorali erano caratterizzati da margini piuttosto ristretti.

Prima della guerra civile americana il partito sosteneva o tollerava la schiavitù; successivamente, fino alla Grande Depressione, il partito si oppose alle riforme dei diritti civili, nell'intento di mantenere saldo il sostegno degli elettori degli Stati del Sud. Durante questo secondo periodo (1865-1932), il suo avversario politico, il Partito Repubblicano (organizzato a metà degli anni 1850 dalle rovine del Partito Whig e di alcuni altri gruppi più piccoli), fu dominante nella elezioni alla carica presidenziale. Infatti, i Democratici elessero solo due presidenti durante questo periodo: Grover Cleveland (nel 1884 e 1892, l'unico, ad oggi, ad essere stato eletto per due mandati non consecutivi) e Woodrow Wilson (nel 1912 e 1916). Nello stesso periodo i Democratici si dimostrarono però più competitivi con i Repubblicani nella elezioni congressuali, raggiungendo maggioranze alla Camera dei Rappresentanti in 15 dei 36 Congressi eletti, anche se solo in cinque di questi riuscirono a formare la maggioranza anche al Senato . Inoltre, il Partito Democratico era diviso tra i Bourbon Democrats, che rappresentavano gli interessi economici degli Stati dell'Est industriale e quelli rurali degli Stati del sud e dell'ovest, la cui base elettorale comprendeva anche i contadini ed i lavoratori agrari più poveri. Le fazioni agrarie del Partito, accumunate nello slogan dell'argento gratis (cioè a favore dell'inflazione), conquistarno il partito nel 1896 e nominarono William Jennings Bryan alle elezioni presidenziali del 1896, 1900 e 1908, puntualmente perse in ogni occasione. Bryan e Wilson furono entrambi leader del movimento progressista negli Stati Uniti (1890-1920) e si opposero all'espansione imperialistica all'estero mentre sponsorizzavano le riforme liberali in patria.

A partire dal 32º presidente, Franklin D. Roosevelt, il partito dominò la scena politica durante il Fifth Party System, che durò dal 1932 fino agli anni '70 circa. In risposta al crollo di Wall Street del 1929 e alla successiva Grande Depressione, il partito supportò un vasto piano, noto come New Deal, di riforme economiche e sociali e di programmi liberali per combattere le crisi finanziarie con politiche che continuarono anche durante la seconda guerra mondiale. Il Partito mantenne la Casa Bianca snche dopo la morte di Roosevelt nell'aprile 1945, rieleggendo l'ex vicepresidente Harry S. Truman nel 1948. Durante questo periodo, il Partito Repubblicano riuscì ad eleggere un solo presidente (Eisenhower nel 1952 e nel 1956) ed è stato la minoranza al Congresso, con le eccezioni del 1946 e del 1952. Le potenti presidenze di commissione, assegnate automaticamente sulla base dell'anzianità, conferirono potere soprattutto agli esponenti degli Stati del Sud, al Congresso da più tempo. Fra i più importanti leader democratici del periodo postbellico si ricordano i presidenti Harry S. Truman (1945–1953), John F. Kennedy (1961–1963) e Lyndon B. Johnson (1963–1969). Il repubblicano Richard Nixon con le vittorie presidenziali del 1968 e del 1972 chiuse l'era del New Deal.

I democratici hanno vinto sei delle ultime dodici elezioni presidenziali, vincendo quelle del 1976 (con il 39º presidente Jimmy Carter, 1977-1981), del 1992 e 1996 (con il 42º presidente Bill Clinton, 1993-2001), del 2008 e 2012 (con il 44º presidente Barack Obama, 2009-2017) e del 2020 (con l'attuale 46º presidente Joe Biden). I democratici hanno vinto anche il voto popolare nel 2000 e nel 2016, ma hanno perso il voto del Collegio elettorale, rispettivamente, con i candidati Al Gore, vicepresidente di Clinton, e Hillary Clinton, moglie dello stesso presidente. Nella loro storia, i Democratici per quattro volte non hanno eletto il presidente pur avendo ricevuto più voti popolari, accadde alle elezioni del 1876 e del 1888, oltre a quelle già menzionate del 2000 e del 2016.

  1. ^ Jules Witcover, Chapter 1, in Party of the People: A History of the Democrats, 2003.
  2. ^ 2004, p. 15, https://archive.org/details/rightnationconse00mick.
  3. ^ 2010, p. 276, ISBN 9780495906186, https://books.google.com/books?id=t_lC8k3SELMC&pg=PA276.

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